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libro duodecimo - cap. xxii | 397 |
XXII
In questo stato delle cose facendo il senato veneto instanza per la ricuperazione di Verona, Lautrech, avendo nell’esercito seimila fanti tedeschi i quali a questa impresa erano convenuti pagare i viniziani, venne in sull’Adice per passare il fiume a Usolingo e accamparsi insieme coll’esercito veneto a Verona; ma dipoi, crescendo la fama della venuta de’ svizzeri e per il sospetto della stanza di Prospero Colonna in Modena, cresciuto per essersi fermato nella medesima cittá il cardinale di Santa Maria in Portico, si ritirò non senza querela de’ viniziani a Peschiera, distribuite le genti di qua e di lá dal fiume del Mincio: nel quale luogo, con tutto che fussino cessati i sospetti giá detti e che di Verona fussino passati agli stipendi veneti piú di dumila fanti tra spagnuoli e tedeschi e continuamente ne passassino, soprastette piú d’un mese, aspettando, secondo diceva, danari di Francia e che i viniziani facessino provedimenti maggiori di danari di artiglierie e munizioni. Ma la cagione piú vera era che aspettava quel che succedesse delle cose che si trattavano tra ’l suo re e il re cattolico. Perché il re di Francia, conoscendo quanto a quell’altro re fusse necessaria la sua amicizia per rimuoversi le difficoltá del passare in Ispagna e dello stabilimento di quegli regni, non contento a quel che prima si era concordato a Parigi, cercava di imporgli piú dure condizioni, e di pacificarsi per mezzo suo con Cesare, il che non si poteva fare senza la restituzione di Verona a’ viniziani; e il re di Spagna per consiglio di [monsignore] di Ceures con l’autoritá del quale, essendo nell’etá di quindici anni, totalmente si reggeva, non recusava di accomodare a’ tempi e alle necessitá le sue deliberazioni. Però erano