Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/63

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libro nono - cap. xii 57

cavalli e fanti, per andare, come diceva, dipoi all’esercito, benché sospetta giá a’ viniziani la sua tarditá, si condusse a San Felice castello del Modonese: dove avuto avviso che i franzesi che erano in Verona erano entrati a predare nel contado di Mantova, allegando la necessitá di difendere lo stato suo, se ne tornò con licenza del pontefice a Mantova; ma con querela grave de’ viniziani, perché, ancora che avesse promesso di ritornare presto, insospettiti della sua fede, credevano, come similmente fu creduto quasi per tutta Italia, che Ciamonte, per dargli scusa di non andare all’esercito, avesse con suo consentimento fatto correre i soldati franzesi nel mantovano. La quale suspizione si accrebbe, perché da Mantova scrisse al pontefice essere, per infermitá sopravenutagli, impedito a partirsi.

Unite che furno intorno a Modena le genti del pontefice le viniziane e le lancie spagnuole, non si dubita che, se senza indugio si fussino mosse, che Ciamonte, il quale, quando si partí del bolognese, aveva per diminuire la spesa licenziati i fanti italiani, arebbe abbandonata la cittá di Reggio, ritenendosi la cittadella; ma ripreso animo per la tarditá del muoversi, cominciò di nuovo a soldare fanti, con deliberazione di attendere solamente a guardare Sassuolo, Rubiera, Reggio e Parma. Ma mentre che quello esercito soggiorna intorno a Modena, incerto ancora se avesse a andare innanzi o volgersi a Ferrara, correndo alcune squadre di quelle della Chiesa verso Reggio, messe in fuga da’ franzesi, perderono cento cavalli e fu fatto prigione il conte di Matelica. Nel qual tempo, essendo il duca di Ferrara e con lui Ciattiglione, con le genti franzesi, alloggiati in sul fiume del Po tra lo Spedaletto e il Bondino, opposito alle genti de’ viniziani che erano di lá dal Po, l’armata loro, volendo, per l’asprezza del tempo e per essere male proveduta da Vinegia, ritirarsi, assaltata da molte barche di Ferrara che con l’artiglieria messono in fondo otto legni, si condusse con difficoltá a Castelnuovo del Po, nella fossa che va nel Tartaro e nello Adice; dove come fu condotta si disperse. Comandò poi il pontefice che l’esercito