Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. IV, 1929 – BEIC 1847812.djvu/111

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libro quartodecimo - cap. v 105

Codiponte, sopravennono avvisi da Modena e da Bologna che Alfonso da Esti, uscito di Ferrara con cento uomini d’arme dugento cavalli leggieri e dumila fanti, tra’ quali ne erano mille tra corsi e italiani mandatigli da Lautrech, e con dodici pezzi di artiglierie, aveva preso allo improviso il castello del Finale e quello di San Felice, e si temeva non si facesse piú innanzi; il che turbò assai gli animi de’ capitani, ancora che molto prima, sapendosi la instanza che gli era fatta dai franzesi, si fusse temuto di questo movimento, e nondimeno non si fusse fatta a Modena tale provisione che bastasse in tale caso alla sicurtá di quella cittá: perché Prospero, avendo sempre difeso pertinacemente la contraria opinione, non aveva consentito che dello esercito si mandasse gente a Modena, o perché prestasse fede al duca amicissimo suo, col quale, eziandio per ordine del pontefice, si era interposto a trattare qualche accordo, o perché malvolontieri diminuisse il campo di gente, in tempo che si dubitava dell’approssimarsi degli inimici, essendo massime di natura di volere fare le cose sue sicuramente e però desiderando sempre avere forze superchie, o perché, se aveva altri fini occulti, non gli dispiacesse questa occasione. Ma la notte, avuto la nuova, congregati subito i capitani, fu deliberato che immediate vi andasse il conte Guido Rangone con dugento cavalli leggieri e ottocento fanti; i quali, aggiunti a settecento fanti che vi erano prima, parevano presidio piú che sufficiente contro alle forze di Alfonso. Ma ordinata questa espedizione, essendo ancora piú ore innanzi dí, ed essendo venuto poco prima avviso che la sera dinanzi Lautrech era alloggiato in sul Taro (ma mescolato la veritá con la falsitá, perché era stato riferito che il dí medesimo si erano uniti seco i svizzeri), né avendosi notizia che quegli che allora erano nello esercito, sforzati da lui con molti prieghi, non gli avevano promesso se non di venire insino in sul Taro, l’essere per altro congregati insieme i capitani, né avendo, per non essere ancora il dí, o occasione o necessitá di implicarsi separatamente in altre faccende, dette occasione che tra loro si cominciò, quasi oziosamente e non per via di consiglio, a