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prendere piú dagli inimici nuovi danari, di ratificare, finito il tempo per il quale era pagato, la condotta fatta, e in quel mezzo procedere con maggiore moderazione potesse in quelle cose le quali non poteva, per i danari ricevuti, ricusare di fare. Entrò dipoi Renzo con cinquecento cavalli e settemila fanti nel territorio di Siena, seguitandolo i medesimi fuorusciti i quali avevano seguitato il duca di Urbino, per tentare la mutazione di quel governo: la quale se gli fusse succeduta, non si dubitava che, avendo per questo la facoltá di entrare per quella via nelle viscere del dominio fiorentino, gli sarebbe delle cose di Firenze succeduto il medesimo. Ma da altra parte i fiorentini, prevedendo questo pericolo e desiderando che gli inimici non si approssimassino a Siena, avevano mandato nel sanese tutte le genti loro sotto Guido Rangone, eletto per questo tumulto governatore generale dell’esercito; lo intento del quale era sforzarsi di fare perdere tempo agli inimici, a’ quali si sapeva che se non avessino qualche prospero successo mancherebbono presto i danari, e nel tempo medesimo procurare quanto poteva di impedire loro le vettovaglie: però, governandosi secondo i progressi degli inimici, attendeva a mettere guardia ora in queste ora in quelle terre piú vicine del dominio sanese e fiorentino. Nella quale mutazione de’ soldati da luogo a luogo accadde che andando la compagnia de’ cavalli de’ Vitelli da Torrita ad Asinalunga, riscontrandosi in trecento cavalli degli inimici, fu rotta, preso Ieronimo Peppolo luogotenente di Vitello con venticinque uomini d’arme e due insegne. Fu il primo movimento di Renzo contro alla cittá di Chiusi, cittá piú nobile per la memoria della sua antichitá e de’ fatti egregi di Porsena suo re che per le condizioni presenti; la quale terra non ottenuta, perché non avendo altre artiglierie che quattro falconetti era molto difficile lo spugnare terre difese da soldati, entrò piú innanzi tra Torrita e Asinalunga per appropinquarsi a Siena: ma non avendo nel mezzo delle terre inimiche comoditá di vettovaglie, assaltò, per acquistarne per forza, il castello di Torrita guardato da cento uomini d’arme del conte Guido Rangone e da centocinquanta fanti; onde le-