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libro quintodecimodecimo - cap. ii 175

di ogni cosa eccetto che di pane, e pieno di infermitá, convenne di arrendersi, salve le robe e le persone, se per tutto il dí quartodecimo di aprile non era soccorso: al quale tempo, osservata la convenzione, apparí essere morta la piú parte degli uomini che vi erano dentro. Consentí Cesare, con laude non piccola appresso agli italiani, che fusse consegnato in potestá del duca Francesco Sforza: né si teneva piú altro per i franzesi in Italia che il castello di Cremona, provisto ancora delle cose necessarie abbondantemente. E nondimeno questi successi non sollevavano la infelicitá de’ popoli di quello ducato, aggravato eccessivamente dallo esercito cesareo per non ricevere i pagamenti: il quale essendo andato ad alloggiare in Asti e nello astigiano, avendo tumultuato per la medesima cagione, predò tutto il paese insino a Vigevano; in modo che i milanesi, per fuggire il danno e il pericolo del paese, furono costretti promettere loro le paghe di certi tempi, che importavano circa ducati centomila. E nondimeno non si mitigava, per questa acerbitá, in parte alcuna, l’odio di quello popolo contro a’ franzesi; tenendogli fermi parte il timore per la memoria delle offese fatte loro parte la speranza che, se mai cessasse il pericolo che il re di Francia di nuovo non assaltasse quello stato, cesserebbono tanti pesi, perché non sarebbe necessario che Cesare tenesse piú soldati in quel ducato.


II

Trattative di pace fra i veneziani e Cesare; promesse del re di Francia ai veneziani per mantenerli legati a sé. Varietá di pareri nel senato veneziano; discorso di Andrea Gritti in favore del mantenimento della confederazione col re di Francia; discorso di Giorgio Cornaro a favore della confederazione con Cesare. Deliberazione dei veneziani e patti con Cesare, con l’arciduca Ferdinando e con Francesco Sforza.

Trattavasi in questo tempo medesimo continuamente la concordia tra Cesare e i viniziani; la quale, per molte difficoltá che nascevano e per varie dilazioni interposte da loro,