Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. IV, 1929 – BEIC 1847812.djvu/245

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libro quintodecimodecimo - cap. xi 239

l’animo suo alla concordia le difficoltá nelle quali vedeva essere ridotto: non avere modo di fare in Ispagna provedimento alcuno di danari per le cose di Italia, la prosperitá che si dimostrava del re di Francia, il sospetto che il re di Inghilterra non fusse occultamente convenuto con l’inimico; perché quel re non solamente ricusava che cinquantamila ducati, i quali finalmente aveva proveduti a Roma per la guerra di Provenza, si mandassino all’esercito di Lombardia, ma (quel che causava sospetto maggiore) dimandava a Cesare, costituito in tante necessitá, che gli restituisse i danari prestati e che gli pagasse tutti quegli a’ quali era tenuto: perché Cesare, insino quando passò in Ispagna, cupidissimo della sua congiunzione, per rimuovere tutte le difficoltá che lo potevano tenere sospeso, si obligò a pagargli la pensione che ciascuno anno gli dava il re di Francia e ventimila ducati per le pensioni che il medesimo re pagava al cardinale eboracense e ad alcuni altri, e trentamila ducati che per il doario si pagavano alla reina bianca, stata moglie del re Luigi; delle quali promesse non avea insino a quel dí pagata cosa alcuna. E nondimeno Cesare, con tutto che alla afflizione dell’animo si aggiugnesse la infermitá del corpo, perché il dolore conceputo quando cominciorno ad apparire le difficoltá della spugnazione di Marsilia gli avea generata la quartana, o perché la mente sua indisposta a cedere all’inimico non si piegasse naturalmente per alcune difficoltá o perché confidasse nella virtú del suo esercito, se si conducessino mai a fare giornata con gli inimici, o promettendosi dovere essere per l’avvenire favorito non meno immoderatamente dalla fortuna che per il passato stato fusse, rispondeva non essere secondo la degnitá sua fare alcuna convenzione mentre che il re di Francia vessava coll’armi il ducato di Milano.