Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. IV, 1929 – BEIC 1847812.djvu/247

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libro quintodecimodecimo - cap. xii 241

anche al regno di Napoli? che maraviglia sarebbe se questo movesse i viniziani a prendere la guerra per Cesare, trapassando ancora gli oblighi della loro confederazione? Considerasse che, se per disavventura si difficultassino i progressi suoi in Lombardia, con che riputazione potrebbono procedere nel regno di Napoli, e che la declinazione in qualunque di questi luoghi partorirebbe la caduta nell’altro; e che in ultimo si ricordasse d’averlo commendato di essersi ritirato all’ufficio del pontefice, però non convenire che ora lo astrignesse a fare il contrario. Ma invano si dicevano queste cose, perché il duca, non aspettata la risposta, avea, come certo della concessione del pontefice, passato il Po al passo della Stellata che è nello stato di Milano: benché il quinto dí poi ritornò indietro, perché il re, avendo notizia che giá cominciavano ad arrivare agli inimici i fanti tedeschi e che il duca di Borbone era andato nella Alamagna per muoverne maggiore quantitá, volle serbarsi intero l’esercito insino non venisse nuovo supplemento di svizzeri e grigioni, i quali avea mandati a soldare.

Nel quale tempo procedevano le cose di ciascuna delle parti quasi oziosamente. Il re continuava l’assedio di Pavia, non intermettendo i lavori delle trincee e il molestarla con l’artiglierie; gli imperiali, aspettando il ritorno di Borbone, si riposavano: eccetto che il marchese di Pescara, nella providenza e ardire del quale la maggiore parte de’ consigli ma certamente tutte l’esecuzioni si riposavano, uscito una notte di Lodi con dugento cavalli e dumila fanti, entrato all’improviso nella terra di Melzi, guardata negligentemente da Ieronimo e da Gianfermo da Triulzi con dugento cavalli, fece prigioni i capitani con la maggiore parte de’ soldati; de’ quali Ieronimo, poco poi, morí di una ferita ricevuta nel combattere. Arrivorno dipoi all’esercito del re i svizzeri e grigioni; alla venuta de’ quali il duca di Albania, mosso di nuovo, passò il Po alla Stradella del piacentino. Dalla quale inclinazione non potendo il pontefice divertire il re, né forse, per non lo insospettire, non ne facendo molta