Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. IV, 1929 – BEIC 1847812.djvu/249

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libro quintodecimodecimo - cap. xii 243

con l’animo dalla concordia, inclinava per la sicurtá del regno di Napoli a ritirarvisi con l’esercito. Ma prevalse nel consiglio il parere del marchese di Pescara; il quale, procedendo parimente con audacia e con prudenza, dimostrò essere necessario, dispregiati gli altri pericoli, fermarsi alla guerra di Lombardia, dalla vittoria della quale tutte l’altre cose dipendevano. Non essere destinate tali forze ad assaltare il regno di Napoli, né potere con tal celeritá condursi lá, ove erano molte terre forti, e la resistenza di coloro la salute de’ quali consisteva nel difenderlo, che almeno non si dovesse per piú e piú mesi sostenere; nel qual tempo verisimilmente si imporrebbe alla guerra di Milano l’ultima mano: se con vittoria, chi dubitava che vincendo libererebbono subito il reame di Napoli, quando bene per Cesare non si tenesse altro che una torre sola? Stando fermi in Lombardia potere essere vincessino a Milano e a Napoli, andando a Napoli si perdeva al certo Milano né si liberava il regno dal pericolo, ove incontinente tutta la guerra si trasferirebbe: e con quale speranza, ritornandovi come vinti? donde con tanta riputazione vi entrerebbono gli inimici, tanta sarebbe l’inclinazione de’ popoli (che per natura per odio per paura si fanno incontro alla fortuna del vincitore), che non piú si difenderebbe il regno di Napoli che il ducato di Milano. Né muovere altro il re di Francia, dubbio ancora de’ successi di Lombardia, a dividere l’esercito, a cominciare una guerra nuova mentre pendeva la prima, che la speranza che per troppa sollecitudine del regno di Napoli gli lasciassino in preda tutto lo stato di Milano: per i cui consigli deliberarsi, per i cui cenni muoversi l’esercito tante volte vincitore, che essere altro che con eterna infamia concedere alle minaccie de’ vinti quella gloria che tante volte contro a loro s’aveano con l’armi acquistata? La quale sentenza seguitando finalmente il viceré mandò a Napoli il duca di Traietto, con ordine che, raccolti piú danari che si potesse, Ascanio Colonna e gli altri baroni del regno attendessino a difenderlo; e ancora che alla imbasciata fattagli in nome del pontefice avesse risposto modestamente scrisse con molta acerbitá a