Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. IV, 1929 – BEIC 1847812.djvu/271

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libro quintodecimodecimo - cap. xv 265


Salvossi di tanto esercito il retroguardo guidato da Alanson, di [quattrocento] lancie; il quale, senza combattere o essere assaltato o seguitato, intero, ma lasciati i carriaggi, si ritirò con grandissima celeritá nel Piamonte. Della quale vittoria subito che fu pervenuto il rumore a Milano, Teodoro da Triulzi restatovi in presidio con quattrocento lancie, se ne partí verso Musocco, seguitandolo tutti i soldati alla sfilata: in modo che, il dí medesimo che fu fatta la giornata, restò libero dai franzesi tutto il ducato di Milano. Fu il re condotto, il dí seguente dopo la vittoria, nella rocca di Pizzichitone; perché il duca di Milano per sicurtá propria malvolentieri consentiva che e’ fusse condotto nel castello di Milano: dove, dalla libertá [in fuori], che era guardato con somma diligenza, era in tutte l’altre cose trattato e onorato come re.

E fu di questo successo attribuita per tutto colpa grande o alla avarizia o alla pusillanimitá del pontefice: il quale, se al desiderio che ebbe di sospendere l’armi tra gli eserciti, insino a tanto che tra i príncipi si fusse convenuto delle differenze principali, avesse accompagnato l’armarsi potentemente e spignere le genti a Parma e Piacenza, non solo arebbe conservato sé in maggiore riputazione, e con piú sicurtá per tutti i casi che potessino succedere, ma eziandio arebbe maneggiato con piú autoritá la concordia: trattandola in modo che ciascuna delle parti avesse causa di dubitare che egli pigliasse l’arme in favore di coloro che fussino manco alieni dalla concordia. Ma mentre che, rinvolto nelle sue irresoluzioni e nella cupiditá di non spendere, differisce di dí in dí l’armarsi, e

    arbitrariamente cassativi dal Revisore o dai Revisori, e ne trascura i non meno arbitrarti rifacimenti marginali e interlineari, non lievi e non pochi». Questo passo della descrizione della battaglia di Pavia ò d’un’importanza decisiva, perché ci mostra come il Guicciardini ricostruisse la narrazione sua usando larghissima copia di materiali, e valendosi di fonti che andava acutamente vagliando. Ma per quanto il cod. VI sia stato fatto trascrivere dallo stesso autore, del quale ebbe qua e lá correzioni ed aggiunte, non possiamo credere che questo passo sarebbe stalo lasciato cosí come redazione definitiva; c l’autore avrebbe anche qui fuso il materiale e ricostruito l’avvenimento senza le frequenti e ripetute citazioni delle fonti, senza parole latine ed in una forma meno spezzettata e piú artistica.]