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LIBRO TREDECIMO

I

Vane speranze di pace e di quiete per l’Italia. Francesco Maria della Rovere assolda milizie straniere per la riconquista del ducato d’Urbino. Timori e sospetti del pontefice. Il pontefice e Lorenzo de’ Medici inviano soldati in Romagna. Liete accoglienze delle popolazioni a Francesco Maria entrato nel ducato; riconquista di Urbino. Tentativi contro Fano. Posizione di Pesaro.

Pareva che deposte l’armi tra Cesare e i viniziani, e rimosse dal re di Francia l’occasioni di fare la guerra con Cesare e col re cattolico, avesse Italia, vessata e conquassata da tanti mali, a riposarsi per qualche anno: perché e i svizzeri, potente instrumento a chi desiderasse turbare le cose, parevano ritornati nella amicizia antica col re di Francia, non avendo per questo l’animo alieno dagli altri príncipi; e nella concordia fatta a Noion si dimostrava tale speranza che, per stabilire congiunzione maggiore tra i due re, si trattava che insieme convenissino a Cambrai, dove per ordinare il congresso loro erano andati innanzi Ceures, il gran maestro di Francia e Rubertetto; e in Cesare non si dimostrava minore prontezza, il quale oltre all’avere restituita Verona aveva mandato al re di Francia due imbasciadori a confermare e a giurare la pace fatta. Dunque, non senza giusta cagione si giudicava che la concordia e la pace tra i príncipi tanto potenti avesse a spegnere tutti i semi delle discordie e delle guerre italiane. E nondimeno, o per la infelicitá del fato nostro o

     F. Guicciardini, Storia d'Italia - IV. I