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LIBRO QUARTODECIMO
I
Sedato nel principio dell’anno mille cinquecento ventuno questo piccolo movimento, temuto piú per la memoria fresca de’ fanti spagnuoli che assaltorono lo stato d’Urbino che perché apparissino cagioni probabili di timore, cominciorono, pochi mesi poi, a perturbarsi le cose d’Italia, con guerre molto piú lunghe maggiori e piú pericolose che le passate; stimolando l’ambizione di due potentissimi re, pieni tra loro di emulazione di odio e di sospetto, a esercitare tutta la sua potenza e tutti gli sdegni in Italia: la quale, stata circa tre anni in pace, benché dubbia e piena di sospizione, pareva che avesse il cielo il fato proprio e la fortuna o invidiosi della sua quiete o timidi che, riposandosi piú lungamente, non ritornasse nella antica felicitá. Principio a nuovi movimenti dettono quegli i quali, obligati piú che gli altri a procurare la conservazione della pace, piú spesso che gli altri la perturbano, e accendono con tutta la industria e autoritá loro il fuoco; il quale, quando altro rimedio non bastasse, doverebbono col proprio sangue procurare di spegnere. Perché, se bene tra Cesare e il re di