Vai al contenuto

Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/153

Da Wikisource.

libro decimottavo- cap. x 147

X

Accordi fra il Pontefice e gli imperiali; stretta sorveglianza del pontefice in Castel Sant’Angelo. Cittá che malgrado l’accordo rimangono alla devozione del pontefice; il duca di Ferrara occupa Modena, i veneziani Ravenna e Cervia, e Sigismondo Malatesta Rimini. Restaurazione del governo popolare in Firenze. Ragioni di odio dei fiorentini contro i Medici, e persecuzione ai loro fautori.

Aveva il pontefice, sperando sempre poco del soccorso, e temendo alla vita propria da’ Colonnesi e da’ fanti tedeschi, mandato a Siena a chiamare il viceré, sperando, anche, da lui migliore condizione: il quale andò cupidamente, credendo essere capitano dell’esercito. Arrivato a Roma, dove passò con salvocondotto de’ capitani dello esercito, veduto essere contro a sé mala disposizione de’ fanti tedeschi e spagnuoli, i quali dopo la morte di Borbone avevano eletto per capitano generale il principe di Oranges, non ebbe ardire di fermarvisi; ma andando verso Napoli, incontrato nel cammino dal marchese del Guasto, don Ugo e Alarcone, vi ritornò per consiglio loro: e nondimeno, non essendo grato all’esercito, non ebbe piú autoritá né nelle cose della guerra né nel trattato della concordia col pontefice. Il quale finalmente, destituto di ogni speranza, convenne il sesto dí di giugno con gli imperiali, quasi con quelle medesime condizioni con le quali aveva potuto convenire prima: che il pontefice pagasse allo esercito ducati quattrocentomila, cioè centomila di presente, che si pagavano di denari argento e oro rifuggito nel Castello, cinquantamila fra venti dí, dugento cinquantamila fra due mesi, assegnando per il pagamento di questi una imposizione pecuniaria da farsi per tutto lo stato della Chiesa; mettesse in potestá di Cesare, per ritenerlo quanto paresse a lui, Castel Santo Angelo, le rocche di Ostia di Civitavecchia e di Civita Castellana, e le cittá di Piacenza di Parma e di Modona; restasse egli prigione in Castello con tutti i cardinali, che erano seco tredici, insino a tanto che fussino pagati i primi cento cinquantamila, dipoi