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libro decimonono - cap. ix 255

ricusavano contribuire a’ denari per la passata sua: i quali, se bene da principio l’avessino stimolato caldamente, passando Cesare, a passare, e il re avesse offerto di farlo con dumila quattrocento lancie mille cavalli leggieri e ventimila fanti, in caso che da’ confederati gli [si] dessino danari per pagare, oltre a questi, mille cavalli leggieri e ventimila fanti, e concorressino alla metá della spesa delle artiglierie, nondimeno poi, qual fusse la cagione, si ritiravano.

San Polo in questo tempo sforzò con quattro cannoni Santo Angelo, dove erano quattrocento fanti; poi si volse a San Colombano, per aprirsi le vettovaglie di Piacenza, che si accordò: e inteso Pavia essere di nuovo provista insino a mille fanti e in Milano quattromila, ma molti ammalati, volse il pensiero a Milano; e il Leva messe fanti in Moncia. Arrendessi, a’ due di maggio, Mortara a San Polo a discrezione, battuta in modo che non poteva piú difendersi; e il Torniello, lasciata la terra di Novara ma non la rocca, dove messe pochissimi fanti, si ritirò a Milano: in modo che gli imperiali non tenevano, di lá dal Tesino, altro che Gaia e la rocca di Biá, avendo San Polo anche presa la rocca di Vigevano. Andò, a’ dieci, al Ponte a Loca con piú di seimila fanti vivi, per unirsi, al borgo a San Martino, co’ viniziani, che ne avevano manco di quattro. Arrivò dipoi il duca di Urbino allo esercito; e venuti insieme a parlamento, a Belgioioso, determinorono nel consiglio comune di accamparsi a Milano con due eserciti da due parti, e che perciò San Polo, passato il Tesino, girasse a Biagrassa per sforzarla, e il dí medesimo i viniziani al borgo di San Martino, lontano da Milano cinque miglia; affermando i viniziani avere dodicimila fanti e San Polo otto, col quale dovevano unirsi i fanti del duca di Milano. Però San Polo passò il Tesino, e avendo trovato la terra di Biagrassa abbandonata ottenne per accordo la rocca; ed essendo, il dí davanti alloggiato San Polo a Gazano, in su il navilio grande, a otto miglia di Milano, parlorono di nuovo, il terzo dí di giugno, a Binasco. Nel quale luogo, essendo certificati che i viniziani non aveano la metá de’ dodicimila fanti a’ quali erano tenuti per