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libro vigesimo - cap. ii | 293 |
porgli silenzio sopra Ferrara, a restituirgli Modena e Reggio; e perché Cesare gli impegnò la fede, trovando che avesse ragione sopra quelle due cittá, pronunziare il giudizio, trovando altrimenti lasciare spirare il compromesso. E per sicurtá della osservanza del laudo, convenneno che il duca deponesse Modena in mano di Cesare: il quale prima, a instanza di Cesare, [aveva] rimosso l’oratore suo di Firenze e mandato guastatori allo esercito. Partí dipoi Cesare da Bologna a’ ventidue, avuta intenzione dal pontefice di consentire al concilio se si conoscesse essere utile per estirpare la eresia de’ luterani; e con lui andò legato il cardinale Campeggio. Ma arrivato a Mantova, ricevuti dal duca di Ferrara sessantamila ducati, gli concedette la terra di Carpi in feudo perpetuo. E il pontefice partí, a’ trentuno, alla volta di Roma; restando le cose di Firenze nelle medesime difficoltá.
II
Facevano [gli imperiali] molti segni di volere assaltare la cittá, però si lavorava la trincea innanzi al bastione di San Giorgio; dove essendosi fatta, a’ ventuno di marzo, una grossa scaramuccia, riceverono quegli di fuora assai danno. Batté Oranges a’ venticinque la torre di... a canto al bastione di San Giorgio verso la porta Romana, perché offendeva molto l’esercito; ma trovandola solidissima, dopo molte cannonate, se ne astenne. E accumulandosi ogni dí nuova gente, poiché