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circospetto e molto vincitore di se medesimo, e di grandissima capacitá se la timiditá non gli avesse spesso corrotto il giudicio.

Morto lui, i cardinali, la notte medesima che si serrorono nel conclave, elessono tutti concordi in sommo pontefice Alessandro della famiglia da Farnese, di nazione romano, cardinale piú antico della corte; conformandosi i voti loro col giudicio e quasi instanza che n’aveva fatto Clemente, come di persona degna di essere a tanto grado preposta a tutti gli altri. Uomo ornato di lettere e di apparenza di costumi, e che aveva esercitato il cardinalato con migliore arte che non l’aveva acquistato; perché è certo che il pontefice Alessandro sesto aveva conceduta quella degnitá non a lui ma a madonna Giulia sua sorella, giovane di forma eccellentissima. E concorsono i cardinali piú volentieri a eleggerlo perché, essendo giá quasi settuagenario e riputato di complessione debole e non bene sano (la quale opinione fu aiutata da lui con qualche arte), sperorono avesse a essere breve pontificato. Le azioni e opere del quale se saranno degne della espettazione conceputa di lui, e della letizia immensa ricevuta dal popolo romano di avere, dopo [centotré] anni e dopo tredici pontefici, riavuto uno pontefice del sangue romano, ne faranno testimonio quegli che scriveranno le cose succedute in Italia dopo la sua assunzione. Perché è verissimo e degno di somma laude quel proverbio, che il magistrato fa manifesto il valore di chi lo esercita.