Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/100

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II


A lei consacra i suoi primi onori guerreschi.

Qual di Menalo suol pastor alpestre
porger divoto, il mese innanzi aprile,
i primi fiori e di novello ovile
il primo latte a la sua dea silvestre,

tal, donna, a voi, non so diva o terrestre,
ma, piú ch’a donna, a vera dea simile,
ché piú bella, piú saggia e piú gentile
non vede ’l sol da l’alte sue finestre,
io reverente sacro i primi onori
che dianzi riportai sotto queU’armi
onde m’ornaste voi, nova Minerva.

E se debbonsi a lei piú grati odori,
piú ricche spoglie o piú leggiadri carmi,
miri la fé che qui si chiude e serva.

III


Una paurosa visione.

Qual voce, d’orror piena, oimè! fu quella
che ben tre volte mi chiamò per nome
e m’annunziava, e non saprei dir come,
vita infelice e molte acerba e fella?

Qual empia luce o qual nimica stella,
per giunger peso a le mie gravi some,
mostrava lunghe, inargentate chiome
a la mia fresca, verde etá novella?

Ben mi soccorse l’amorosa dea,
perché ’l nome gentil, che ’l cielo onora,
ne le sue mani scritto a me volgea,

ma dentro al cor mi rugge un leon ora,
che sparve’l sonno, e lei, mentr’i’ leggea;
tal ch’io son desto e tremo e spero ancóra.