Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/130

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XXXVIII

Inetto a cantar di lei degnamente.
1
Spesso un dolce disio spronar mi suole
che di voi, donna singolare, io scriva,
e, come uom che fuor di misura vòle,
piglio la penna in man d’ogni arte priva;
ma quando io vengo a le bellezze sole,
dove a pena ’l pensier volando arriva,
trema la man, resta lo spirto in seno
e vergognoso il gran disire afl’reno.
2
Dico, signora mia, che sotto il sole
si scorge solo in voi celeste forma,
e le divine, angeliche parole
non altra voce che la vostra forma;
piú che cosa mortale assembrar suole,
se *1 bel piè stampa in su la terra l’orma;
in somma in voi visibilmente appare
quanto natura ed arte e ’l ciel può fare.
3
E se ben fusse ogni bellezza persa,
ne farieno i vostri occhi ’l mondo adorno;
che se la mano e ’l vel non s’attraversa,
rinnovar ponno a mezza notte ’l giorno
e, quando ’l ciel piú spessa pioggia versa,
cacciar le nubi e serenar d’intorno,
quetarsi i venti e ’l mar nel suo furore
e far se cosa si può far maggiore.