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Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/131

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4
Ma voi, vaghi pensier, di passo in passo
scòrto m’avete a ragionar tant’alto;
giá di scriver di voi l’impresa lasso;
invano ornai piú mi darete assalto:
che s’io cotanto vostre lodi abbasso
quanto, madonna, col mio dir v’esalto,
or tacerò, ché farvi ingiuria temo,
poi che in lodarvi l’onor vostro scemo.
5
Solo io dirò che se nel core avvampo,
maraviglia non fu né doglia n’aggio,
ch’io non dovea trovar quel giorno scampo
ch’io non ardessi a si possente raggio:
e tal gioia mi porge ’l vostro lampo,
che non martir, non amoroso oltraggio,
non volger d’anni o solitario luoco
potrá spegnere in me si dolce fuoco.
6
Ma quando io sia per voi d’ardere indegno
e che troppo alto aspiri ’l mio pensiero,
non puote, alma gentil, esservi a sdegno
una fede amorosa, un cuor sincero;
ché talor scorgo di pietade un segno
nel vostro viso regalmente altiero,
che mi porge baldanza a dirvi in carte
del mio grave martir la minor parte.
7
E s’importuno a voi forse mi mostro
in troppo ragionar de’ miei dolori,
è che, se fusse tutto ’l mare inchiostro,
bastante non saria dirvi i minori;
ed è quanto scrivendo vi dimostro
breve scintilla d’infiniti ardori:
dunque, s’in questo pur molesto sono,
spero trovar pietá non che perdono.