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Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/133

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XLI

A Muzio Passamonti
affinché gli guarisca la sua donna.

La bella donna, dal cui viver pende
la vita mia che stame altro non have,
egra ancor langue, e ’l bel guardo soave
il suo lume a questi occhi ancor non rende.

Deh, se pietá di lei punto v’accende
e del cor mio, che doppia morte pavé,
caro Muzio, pregar non vi sia grave
Febo, che spesso al cantar vostro scende:

che dai negri Indi erbe o radici svella,
note a lui solo, e del mar cerchi ’l fondo
per curar membra si leggiadre e sante.

Se l’altro salvò Roma, opra men bella
non fia serbare un altro sole al mondo,
a voi l’amico, a lei si fido amante.

XLII


Atterrito dal falso annunzio della morte di lei.

Fu da l’orrenda nuova oppresso e vinto
ogni mio senso, che qual freddo sasso
immobile restai, né mover passo
né parole formar potei; ma tinto
tutto di color pallido e dipinto
di morte il viso aveva e ’l corpo lasso:
in breve spazio d’ogni vigor casso
a terra andava esanimato e stinto,
se non giungeami piú felice nuova,
onde la prima iniqua, falsa appare,
tal che ogni spirto e senso si rinnova.

Se furon prima le mie doglie amare,
ora di me il piú lieto non si trova,
poiché vivon le luci a me si care.