Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/135

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XLV

Gli sappia grado che per lei s’è allontanato.

Vedrete pur l’alta mia fede, poi
che ’l vostro onor piú che mia vita bramo;
conoscerete pur, donna, che v’amo,
s’offendo me per non offender voi:

perché piú la mia vista non v’annoi,
mi son tolto da voi si afflitto e gramo,
che sol la morte e ’l vostro nome chiamo
e ’l Trasimeno assordo e i vicin suoi;

e se del pianto a voi giungesse ’l suono,
a voi direste: — O cuor troppo inumano,
ch’a un servo tuo hai tal confin prescritto! —
Ma s’a voi par che io pur vi stia lontano,
se non per merto, almen vi chieggio in dono
un verso sol di vostra mano scritto.

XLVI


Quali ricompense alla sua fedeltá!

Una lacrima è ’l premio, un laccio il pegno
del mio amor, lasso! e de la fede mia,
datimi acciò ch’io pianga e che lo sdegno
chiuda per sempre ai miei sospir la via;
ma, perché men del mio morire indegno
cosi chiara beltá macchiata sia,
io vi rimando il vostro dono a volo,
ché ad uccidermi basta il dolor solo.