Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/148

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Or, se da voi non m’è negato e tolto
quanto vi chieggio, mia greca angioletta,

174 eccomi ognor prigion del vostro volto;

e in quest’ora mi fermo, avendo fretta.

LVII


Invettiva.

Quella che il di ch’io vi concessi il core
in voi mi parse una bontá sincera,

3 or accorger mi fa ch’ero in errore;

perché la trovo asinitade vera,
che inimico m’ha fatto il cielo pio:

6 va, giudica tu gli uomini a la cera.

Cera benigna ed animo si rio
e poca discrezion, che non ha manco,

9 vi giuro a Carlomanno, il cavai mio.

Da le malignitá vostre giá stanco,
vorrei ritrarmi, ma da l’altro lato
12 quell’altro asin d’Amor m’è sempre al fianco;

ma faccia quanto vuol, lo sciagurato,
che io mi voglio sfogare questa volta,

15 poi, s’io v’amo mai piú, ch’io sia ammazzato.

Non vo’ tener la doglia mia sepolta:
che diavol mi potreste voi mai fare?

18 ho ben veduto anch’io nebbia piú folta.

Or prima l’arte de l’indovinare
bisogna aver con voi, perché bugia
21 è.quasi tutto il vostro ragionare;

poi sempre dite a la presenza mia:

— Mi fa... vuol far... m’ha fatto il tal presente...
24 il signore o ’l don — mal che ’l ciel vi dia;

e in questo avete si de l’eccellente,
che par che lo diciate in mio dispetto,

27 come s’io vi donassi sempre niente.

D’un altro gentilissimo difetto
egualmente biasmar vi sento e veggio,

30 d’esser d’ingratitudine ricetto