Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/187

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ARGESTO

O Madre universal, come consenti
con tuo perpetuo scorno
che morte s’abbia del tuo pregio il vanto?
e presto vegna men quel che raduna
si lungo tempo e chiuda poca fossa
beltá infinita e vii polve divegna
si pregiato sudore?

OLITA



Anima eletta, che chiamar ti senti,
e da l’alto soggiorno,
volgendo i lumi ove lasciasti ’l manto,
molesto affanno scorgi ed importuna
pioggia di pianto, che giá il Tebro ingrossa,
porgimi aita ed ombreggiar m’insegna
quanto ho scritto nel core.

ARGESTO

Voci oscure non ponno o bassi accenti
aggiunger luce al giorno;
potrian ben forse agevolare alquanto
di quest’affanno il peso; ma s’imbruna
giá l’Oriente e ’l sol con faccia rossa
fuggir s’aita, il parlar nostro avvegna
che la sua donna onore.

CLITA

Anzi ch’ardita sia, nomarla sdegna
lingua di vii pastore.