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Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/193

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XCVI

Grato del dono e delle lodi.

Se ’l vostro dono ancor fosse minore,
accompagnato da si caldo affetto,
tanto m’è piú che se fosse oro accetto
quanto de l’oro vie piú degno è amore.

Quel che vi pare in me forse maggiore
di quel che in tempo al mio sudor prometto,
è dolce inganno e sol d’amore effetto
ch’ogni dritto giudizio empie d’errore.

Spero ben mostrar l’opra al cor simile
verso chi m’ama, se contrario fiato
non sugge i fiori al mio cortese aprile ;

sovra le forze il pronto animo e grato
supplisca intanto, e ’l ciel non cangi stile
e ’l corso adempia ogni benigno fato.

XCVII


In morte di un suo fratello.

(circa il 1535)
1
Passato avea tutta l’etá mia nova
senza sentir di ria fortuna colpo
a cui far non potessi ardito schermo;
né temendo da lei piú dura guerra,
gli usati affanni e ogni primiera noia
solea portar con lieta fronte in pace.
2
Ma, lasso! per turbare ogni mia pace,
volando giunse un’improvvisa nova
ch’ai cor mandò non piú sentita noia:
questa narrava del fulmineo colpo
che nel piú acceso furor de la guerra
mi tolse ogni mio bene, ogni mio schermo.