Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
CXLIII
A Bernardo Cappello
In morte di Pietro Bembo.
(gennaio 1547)
Qual fía ragion che ’l duol misure e tempre
poi che perduto avem pegno si caro?
Volgi, Musa, la cetra in pianto amaro
e ’l tuo dolor le mie rime contempre.
Morto è ’l gran Bembo che ’n si dolci tempre
cantò d’amor col maggior tòsco a paro,
e morto il piange ogni intelletto chiaro:
ma voi, Cappello, avete a pianger sempre?
Però vi sete a richiamarlo vólto,
qual nuovo Orfeo, coi piú soavi accenti ;
ma indarno, oimè! che ’l ciel per sé l’ha tolto.
Signor, io so che ’l vostro danno è molto;
ma, perché son tutti i rimedi spenti,
la sofferenza ornai v’asciughi ’l vólto.
«
CXLIV
In lode di Giovanni terzo, re di Portogallo.
(1547)
Vera pietade e vera gloria è ’l fine,
o magnanimo re, d’ogni opra vostra;
e però il ciel vi dona regni e mostra,
cui non prescrive o terra o mar confine.
Per voi barbare genti e lá vicine
ove col sole il Capricorno giostra,
volgendo ’l core a la credenza nostra,
usan l’umane leggi e le divine.
Né pur vi basta agli Etiopi e agli Indi
stender lo scettro e farvi ’l nido altèro
di merci preziose e di tesoro;
ché sacri ingegni e chiari or quinci or quindi
gite scegliendo, acciò che ’l vostro impero
non sia raen ricco di virtú che d’oro.