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CXLIX
In lode del medesimo,
(circa il 1548)
Or che licenza, da’suoi nodi sciolta,
col dente armato d’invido veleno
quel punge e questo e non restringe ’l freno
stato né grado a la sua rabbia accolta,
valore e cortesia, fra noi sepolta,
che di un giovane illustre adorna il seno,
io canto, e Clio dal suo bel colle ameno
tempra la cetra e le mie note ascolta.
Indi : — Scrivi — mi dice — in lettre d’oro
queste di Giulio maraviglie nove;
né soggetto piú degno ha ’l nostro coro ;
tessi e degli avi suoi l’inclite prove;
né ti mancherá stame al bel lavoro,
se grazia tal da la man sacra piove.
Ad esaltazione di una gentildonna.
Donne, da’ cui bei lumi onesti e santi
tanta dolcezza piove
ch’i fior per tutto par ch’apra e rinnove,
se far piú vaga ancor vostra beltate
qualche desir avete,
qui sol gli occhi volgete e qui mirate.
Queste ch’ora vedete
con noi, donne non son, come voi sete,
ma dèe del sommo Giove
venute qui con sue bellezze nove.