Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/240

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CLIX

A Innocenzo Monti, eletto cardinale. (1550)

— O felice alma, in cui fiorir si vede,
anco in acerba etá, senno e valore,
o del ciel parto, onde traesti onore
che a pochi e raro il destin alto diede,
a voi, stendendo il sacrosanto piede,
e’l dio terreno e l’immortai pastore
adorna il crin d’un bel purpureo fiore
e lieto in voi del successor s’avvede.

Or quasi un sol tra le piu chiare fonti
vedrommi ir lampeggiando, onde al mio nome
anco il Nilo e Pldaspe inchini ’l corno. —

Cosi diceva, e le stillanti chiome
piovean coralli, il Tebro, e intorno intorno
Innocenzo sonar s’udian i monti.

CLX


In morte di Pellino Pellini, soprannominato Montano,
(circa il 1550)

Montano, io piango il miserabil caso
de la tua morte acerba e il nostro danno:
ma tu sei fuor di pianto e fuor d’affanno
e calchi ora coi piè l’orto e l’occaso;

piú non può sovra te fortuna o caso
né piú strazio d’amor temi né inganno:
d’un nodo ambi ne strinse il tíer tiranno;
ma tu via sei fuggito, io son rimaso.

Vedrai lá su, ne l’amorosa spera,

Dolon che, preso a la medesim’esca,
ne fu sempre avversario empio e nimico;

digli che Alessi è pur, come prima era,
colmo di grazie e, perché piú gl’incresca,
ch’io gli sarò, mentre ch’io vivo, amico (*).

(1) Si veda il «Fato di Coridone», lxxix [Ed.].