Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/49

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LXVIII

Tramonti la luna, l’oscuritá l’assecondi.

O tu, cui ’l Sol de la sua luce adorna,
alma beata Luna, ch’or ten vai
per l’ampio ciel superba de’ bei rai,
ambe innalzando le tue ricche corna,
se ne la mente alcun dolce ti torna,
ch’amando il bel pastor giá sentito hai,
nascondi il chiaro tuo splendore ornai,
che l’ombra fosca de la notte aggiorna,
acciò ch’io possa, sconosciuto e solo,
per l’amico silenzio gir lá, ov’io
de’ mie’ affanni (o ch’io spero) avrò mercede;

eh’intanto l’ora s’avvicina e’l mio
desir mi sface, mi solleva a volo
se non quanto il poter fallace riede.

LXIX


Dolce liberatrice la morte.

Avvezzatici a morir, se proprio è morte
e non piú tosto una beata vita
l’alma inviar per lo suo regno ardita,
ov’è chi la rallumi e la conforte;

l’alma ch’avvinta d’uno stretto e forte
nodo al suo fral, ch’a vano oprar la ’nvita,
non sa da questo abisso, ov’ è smarrita,
levarsi al ciel su le destr’ali accorte;

ché si gradisce le visibil forme
e ciò ch’è qui tra noi breve e fallace,
ch’oblia le vere e ’l suo stato gentile.

Quel tanto a me ch’io men vo dietro a Torme
di morte cosi pia, diletta e piace;
ogn’altra vita ho per noiosa e vile.