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212 I DINTORNI DI FIRENZE.

Come tante altre ville di Montughi anche questa fu data preda alle fiamme dai soldati dell'Aguto nel 1364. Sant’Antonino Arcivescovo di Firenze riteneva come soggiorno graditissimo il palazzo di S. Antonio, dov’egli spesso si recava per godervi la pace e la tranquillità dei campi e quivi nel giorno 2 maggio 1459 cessava di vivere. Prima dell’assedio, il palazzo dei Vescovi subì la sorte di tante altre fabbriche vicine alla città e non rimasero di esso che i fondamenti seppelliti dipoi sotto la terra di un podere che appartenne lungamente alla mensa arcivescovile.

Il Palagetto o l'Arcovata. - Villa Romagnoli. -- Questa villa che è posta lungo la Via Vittorio Emanuele, quasi difaccia alla strada che guida ai Cappuccini, porta fin da tempo immemorabile il nomignolo di Palagetto, certo per la forma sua originaria. Era nel XV secolo della famiglia Michi del gonfalone Leon Rosso e le appartenne anche nel secolo successivo. Nel XVII secolo era dei Calandri e da questi passò nel 1690 nei Mancini e poi nei Cioppi. Piu modernamente fu Stiozzi-Ridolfi e Bucelli.

Chiesa e Convento dei Cappuccini di Montughi. — Sul colle leggiadro dove in mezzo ad un bosco di cipressi sorge quest’edifizio, fu un giorno un comodo ospizio con chiesa edificato dai frati Amadei dedicato a S. Maria degli Angioli. Delle vertiginose demolizioni di edifizi che attorno alla città potevano offrir ricetto alle milizie che movevano ad assediare Firenze, fu vittima anche questo piccolo convento che venne smantellato ed i frati si rifugiarono a Firenze presso la chiesa di S. Giovanni Evangelista. Su quei ruderi sorse dipoi il nuovo convento dei Cappuccini per opera del senese Bernardino Okino il quale dopo otto anni in cui fu rettore e generale di quella congregazione, abbracciò le dottrine di Valdes. La chiesa, irregolare di forma, semplice come tutte quelle appartenenti alla regola de’ Cappuccini, contiene alcuni buoni quadri: S. Francesco che riceve le stimate, un’Annunziazione dell’Empoli ed un S. Francesco di Cantalice, di Gesualdo Ferri. Altre opere che adornavano chiesa e convento vennero trasferite, dopo la soppressione, nelle Gallerie.