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260 | I DINTORNI DI FIRENZE. |
di spedale ed in parte di convento, si veggono le tracce nelle case Berti situate lungo il borghetto a destra di chi viene da Firenze.
Al borgo delle Panche fanno capo diverse strade: quella delle Masse per Serpiolle e Cercina, la Via Pietro Dazzi già Via Nuova e la Via Erbosa che conducono a Quarto e ad altre località poste alle pendici del Monte Girello, collegandosi con altre vie che in vario senso attraversano quelle campagne. Nella difficoltà di seguire ordinatamente questi stradali che ci obbligherebbero a frazionare l'illustrazione di località e di edifizj posti fra loro a breve distanza, crediamo più opportuno seguire un metodo diverso, raggruppando i diversi edifizj prossimi a borghi ed a villaggi o facenti parte d’uno stesso popolo o parrocchia.
Così accenneremo prima tutti quelli prossimi al borgo delle Panche e che in generale portano il nomignolo comune di Panche, per passare successivamente a quelli posti nei pressi del casale del Sodo e quindi a quelli dei popoli di Quarto e di Rufignano.
Soffermiamoci intanto al principiare del borgo delle Panche ed occupiamoci di alcune ville poste sulla via delle Masse nella località chiamata Le Gore.
Le Gore o Le Panche. - Villa delle Filippine. — Dalle gore che fiancheggiano il corso del Terzolle e danno moto ad alcuni mulini ebbero nome diverse ville poste fra il borghetto delle Panche e la via delle Masse. La villa della quale parliamo è delle più antiche del popolo di S. Stefano in Pane e fino da tempo remoto fu possesso di una celebre famiglia fiorentina, i Brunelleschi. Essa la possedeva in parte anche nel 1498 quando la di lei fortuna era ormai tramontata. Carlo di Piero Brunelleschi infatti, nella sua denunzia alla Decima, dichiarava il possesso di due poderetti e di una casa da oste aggiungendo: «Dopo la morte di Piero nostro padre, per forza e per certe ragioni non vere, mi furono tolti da Alderotto Pitti e da Luigi figliuolo di Tommaso Pitti et dipoi non istimando poterli tenere a ragione, li messono nelle mani di Giovanni Cennini. El quale Giovanni per forza tiene la metà. Et l’altra metà l’ha Mona