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di guittone d'arezzo | 159 |
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La donna teme un inganno, sebbene l’espressione del poeta sia lusinghiera.
Eo non tegno giá quel per bon fedele,
che falso consel dona a so segnore,
e voleli donar tosco per mele
4e far parer la sua vergogna onore;
ma tegnol deservente assai crudele,
che gran sembiante ha ’n sé d’om traditore.
Reo è per lo pastor, ch’è senza fele,
8lupo, che po d’agnel prender colore.
Ma non te poi ver me sí colorare,
che ben non te conosca apertamente;
11avegna ch’eo però non vòi lassare
ch’eo non te receva a benvogliente,
secondo el modo de lo tuo parlare,
14intendendolo pur simplicemente.
41
Il poeta gioisce per l’accoglienza fatta alle sue parole, si duole del dubbio, e prega di fornirgli il modo di dimostrare le sue intenzioni.
Lo dolor e la gioi del meo coraggio
non vo poria, bona donna, contare;
ché dolor ho, che m’è d’onn’altro maggio,
4che voi pur reo voletemi pensare;
gioi ho di ciò, che mio amore e mio omaggio
vi piace, al modo de lo meo parlare;
ma non mi torna guaire in allegraggio,
8se voi per fin non mi posso aprovare.
Però vo prego, per merzé, che agio
e loco date me, du’ pienamente
11demostri voi, s’eo son bon o malvagio.
E, s’eo son bon, piaccia vo pienamente,
e s’eo so reo, sofrir pena e mesagio
14voglio tutto, sì con voi serà gente.