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di guittone d'arezzo | 165 |
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Eppure avrebbe potuto tenerlo in vita con buone parole.
Leggiadra donna e aprufica altera,
or giá mi noce il meo corteseggiare,
ché me n’avete a vil; tanto giudera
4v’ha fatta devenir lo meo laudare.
Or non pensate voi che sí leggera
fussemi villania dire o fare;
sí fora ben, ma non m’è piagentera,
8non giá per voi, ma per me non biasmare.
Ma de dire o de far più cortesia
a voi e a ciascun de vostra gente,
11me guarderaggio ben per fede mia.
E se vi fusse stato unque piacente,
tener mi potavate in vita mia,
14sol con bone parole, a bon servente.
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Non sa se stare o partire dall’amore della sua donna, che dovrebbe dirgli si o no, fermamente.
Ahi, mala noia, mal vo doni Deo,
che mal dicente a forza esser me fate;
unde ciascun per cortesia recheo
4che mel perdon, poi ch’è for volontate.
Malvagia donna, poi lo fatto meo
vi spiace, perché amor mi dimostrate?
Bon è ’l sembrante e lo parlar è reo:
8mester è che l’un sia de falsitate.
Or no or sí, mostratemi sovente;
partir né star no oso in vostro amore;
11né mor né vivo: tale è ’l convenente.
Deo, mala donna, siatene segnore
a dir o no o si ben fermamente,
14ch’eo parta en tutto, o ve stea servidore!