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176 | sonetti d'amore |
74
Solo la speranza appaga l’uomo. Che farebbe senz’essa, in terra estranea?.
Ahi dolze cosa, perfetta speranza,
amica di ciascun omo, e più mia,
ché tu paghi più l’om sua disianza,
4non fa quello che tene in signoria;
giá quale ha più podere e benenanza
senza l’aiuto tuo non viveria.
Dunqua chi vive a noia e a pesanza,
8Se tu no l’aiutassi, or che feria?
Mal: ed eo peggio, che tra strana gente
ed en strano paese e ’n crudel soe,
11sconfortato da mia donna e d’amico,
e d’onni cosa, for di te, ch’è gente:
mi conforto tuttor che mister n’hoe
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
75
Nell’incertezza in cui ci si dibatte, si rivolge alla saggezza di Messer Gherardo.
Lontano son de gioi e gioi de mene,
e de gioi son più ch’eo non fui giammai;
di perdit’acquistato aggio gran bene
4e de procaccio male e danno assai.
Quel ch’eo non ho m’aiuta e mi mantene,
e quel ch’ho m’affende e don’asmai;
gioia e gran dolzor sento di pene,
8e de gioi pene, tormenti e guai.
Ora sono lá v’io non fui giá nente:
chi mi serve me piace e fa dannaggio,
11e bene e dispiacer lo diservente.
Messer Gherardo, di non saver saggio
lo chiar e scuro: ben è meo convenente;
14deh, quel sguardate che non guardo, om saggio.