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di guittone d'arezzo 181

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Non s’arrenderá, dovesse soffrire ogni bruttura e la morte.


     Cosí ti doni Dio mala ventura
com’tu menzogna di’ ad iscïente,
credendo ch’i’ m’arrenda per paura
4di tua malvagia lingua mesdicente.
     Ma io soffer[r]ea prima ogni bruttura
e morte, ched i’ te dessimi nente,
ch’eo fora degna di soffrir arsura
8come quella ch’a bestia si consente.
     E se ciò è, che me non tegna mente
bona né bella, te qual credi tegna?
11pur lo piggior de tutti e ’l più spiacente.
     E gran fastidio m’è s’om ti disdegna
per dispiagenza, e tu ti tien’sí gente
14che, tal penser hai, credi che divegna.

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L’uomo si dichiara vinto: quella malvagia è sempre vincitrice in ogni mala parte.


     Ahi Deo, chi vidde donna vizïata
di reo parlar ritratto da mal’arte
come tu che se’ meco a ragion stata?
4e veggio che del gioco non hai par te.
     Però parto vinciuto; e sí m’agrata,
poi sia vincente d’ogna mala parte,
non campi perciò tu a mal’usata,
8ch’i’ non vorria di malvagía ritrarte.
     Che Dio male ti dia come se’ degna,
e tollati la vita, a ciò che danno
11non fusse più di tua malvagia ’nsegna:
     ché tutto vizio rïo ed inganno
è di te nato, e tuo penser non regna
14in altro, che ’n crïar vergogna e danno.