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annotazioni alle canzoni ascetiche e morali 327


G g e attenendosi al ms. C che esclude l’ultimo verso, in veritá non necessario. Si avrebbe allora:

ahi, che dolz’è membrar la pacienza
e la grande astenenza
e l’ardore de lor grande perdono
e co’ al martir gion feri
non meno volonteri
che pover giocolaro a grande dono.

Ma l’emendamento è troppo audace e preferisco lasciare al congedo lo schema irregolare.

XXXV. v. 5. Cosí il ms., unico; ma il v. dovrebbe esser novenario. Si potrebbe pensare a sopprimere «non» e render l’espressione affermativa, ma neppur cosí si riporterebbe il verso alla giusta misura. Penso che l’irregolaritá metrica potrebbe fors’anche risalire allo stesso autore.

v. 8: «figora», ed analogamente al v. 10: «creatora» son lezioni caratteristiche del ms. B, che si sforza di dar sempre la rima perfetta. Non possiamo in questo caso non attenerci a questa unica fonte.

v. 34: «mettendone»; ma, leggendo, bisognerá sopprimere l’«e» finale.

v. 48. Intendi: «tutto il bene e niente (non fiore) il male, v. 54. Intendo: C’è chi sia ricco e sia altrettanto ricco e senza alcuno che gli sia pari? Ma potrebbe anche leggersi: «Ricco cui e quanto è, senz’alcun pare?».

v. 62: «en fondo»; il ms. e il Val.: «e fondo».

v. 91 seg. Intendi: come mai ciascuno non piange («è... piangitore») di te e per pena cosí fiera?

vv. 93 segg. Il senso è: È forse ragionevole che, chi non vuol dolere della tua doglia, s’allegri della tua resurrezione, senza sostener con te la pena che è oltraggiosa? È stolto pensare che possa godere del tuo gaudio e meritare onte e tener danno chi cerca il suo vantaggio e il suo onore e non vuole aver punto affanni. Chi ha cuor valente non chiede mai valore senza dar opera in esso (senza operar li).

XXXVI. vv. 43-44. Cioè: dopo la morte lo troverai grave al paragone. Il Val. spiega in nota «comperrai» come: comprerai; ma io penso piuttosto a «comparare».