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annotazioni ai sonetti d'amore 351


ho chiaro o scuro, se ho bene o male, in questo mio amore. Deh, voi, o uomo saggio, ponete mente a quello che io non so guardare e veder da me solo; consigliatemi, in somma». E per meglio ottener questo senso avrebbe voluto ritoccare il principio del v. 13 cosí: «o chiar, o scur», oppure: «chiaro né scur». La mia lezione porta ad una interpretazione alquanto diversa, ma neppur essa sicura: «io sperimento il chiaro e lo scuro (il bene e il male) del non sapere: questa è la mia condizione; ma voi, uomo saggio, guardate quel che io non so guardare».

77. Il Pell. ha affrontato l’«enigma forte» di questo sonetto congetturando intorno al senso, dopo essersi, molto lambiccato il cervello. Non sapremmo far di meglio che riferire la sua spiegazione: «Nel mio cuore arreca gioia e diporto e ne allontana il male che ho portato (la considerazione) che ora ho possesso di un porto, é (ciò) mi apporta che io entro adesso per la porta, fuor dalla quale prima andavo (ero) apportato... Verso di lei, che io amo, ho fede tale che non mi trasporta, ma mi fa star di buon grado lá dove sono trasportato. Forse significa: La mia fede verso la donna che io amo è cosí illimitata, che non mi permette di spingermi a nessuna determinazione, ma mi lascia guidare in tutto e per tutto da lei; poiché un porto non mi si addice piú, se avviene che ella (me ne rimuova e) mi apporti lá dove comporta il comodo suo... Fino a questo punto ho sofferto tanto male, quanto ne posso sopportare: ormai mi fanno d’uopo dei diporti (un «diversivo» direbbero oggigiorno) per differire — e quindi, forse, impedire — che io approdi colá dove vado giá morto, se uomo mi ci portasse. Perciò adunque non tollererei che altri mi portasse seco nei porti — mi facesse raggiungere la meta — qualunque fosse costui, a portarmi; perché mi «disporterebbe», mi terrebbe lungi, dall’essere io portato, guidato, da lei. La costruzione dell’ultimo verso è dunque, a mio credere: «me deportara dal lei me portare», in cui le ultime tre parole formerebbero in complesso come un solo sostantivo».

78, v. 6: «metta», cioè: mitra, nel senso di persona che porta la mitra. V. Not., 7.

v. 7: m’adagra», m’incita, mi eccita a servir ecc.

v. 8: «a metra». Intendo: mi trovo a maggior concessione che a mitra. Non presenta difficoltá l’aver qui in rima lo stesso