Pagina:Guittone d'Arezzo – Rime, 1940 – BEIC 1851078.djvu/90

Da Wikisource.
86 canzoni ascetiche e morali


cosa tenem no chi mai fa, ma bene;
ed entra gli altri mene
biasmato e crociato avete, poi
80Dio mi partí da voi;
e dove più d’onor degno m’ha fatto
esso meo car Segnor, la sua merzede,
più me biasmate matto,
dicendo pertenevame gaudere,
85poi tempo, agio, podere
e bella donna e piacentera avia;
e ch’è grande villia
e fera crudeltá disnaturata,
la qual non fu trovata
90in fera alcuna, und’om parlasse mai,
ch’abandoni figliuol che picciol vede,
com’io tre picciolelli abandonai.
     Or come potev’io, matti, gaudere
ov’è gran despiacere?
95Oltra ch’io dissi: Chi meglio adimora?
Non tempo, non loco, non podere,
né mia donna in piacere
mi fue giorno giá mai tanto quanto ora,
ch’onne soperchia cura,
100unde non posa voi corpo né core,
mi tolle el meo segnore.
Und’eo mi gaudo quasi; e se per questo
eternal vita acquisto,
sí gran mercato mai non fue veduto.
105Ben agia chi noi pria chiamò gaudenti,
ch’ogn’omo a Dio renduto
lo più diritto nome è lui gaudente;
ché qual più aspramente
religione porta, ha più dolzore
110d’ogne mondan segnore,
s’è di spirito bon, ché contra voglia
ogni dolcezza è doglia.