Pagina:Guittone d'Arezzo – Rime, 1940 – BEIC 1851078.djvu/91

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di guittone d'arezzo 87


Non io, ma voi donqu’ai figliuoli spietosi,
procacciandoi languire infra i languenti,
115ed eo li mei gaudere infra i gaudiosi!
     Ora s’eo fosse a mia guisa segnore
d’ogne terren riccore,
giovane sempre e deretano in vita,
ed albergasse solo nel meo core
120tutto mondan dolzore,
e ogne noia da me fosse partita
come cosa fallita,
e fosser fatte a lo piacer meo fine
figlie e moglier reine
125e tutti re i figliuoi, sí mi seria
oltra pensier mattia
non tutto abandonar ciò, Dio seguendo;
ché, solo, in gran diserto, ognunque pena
per lo meo Dio soffrendo,
130vale meglio. Non tale bene vale
quanto ben ver ver male?
Primo: ben temporal val men che neente,
ver ben che non dismente;
secondo: ben terreno è fastidioso
135ver ben divin gioioso;
terzo: ben ch’ha mal fine è di mal peggio,
e mal che tolle peggio e ben ch’a meglio mena,
sommo, eternal ben chiamar lo deggio.
     O caro segnor meo e dibonare,
140como m’osa blasmare
alcun, se m’ho donato te seguire?
Tanto m’hai fatto e fai e mi dei fare,
nol porea meritare,
se mi seguisse ogn’omo in te servire.
145O che mert’ho, bei sire,
che, pria che ’l mondo formassi, m’amasti?
ed apresso creasti
non fera giá, ma omo razionale;