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di guittone d'arezzo | 141 |
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Potesse disamare! Forse cosí indurrebbe la donna all’amore. Ma non può e pur spera di vincere.
Deo, che non posso or disamar sì forte,
como fort’amo voi, donna orgogliosa!
Ca, poi che per amar m’odiate a morte,
4per disamar mi sareste amorosa;
ch’altresì, com’è bon diritto, sorte
che l’uno como l’altro essere osa,
poi di gran torto, ch’ème ’n vostra corte
8fatto, me vengerea d’alcuna cosa.
Torto è tale, no lo vidi anco pare:
non osarme piacer ciò ch’è piacente,
11ed essere odiato per amare,
Malgrado vostro e mio son benvogliente,
e serò, ché non posso unque altro fare,
14e fa mister che pur vegna vincente.
5
Purtroppo chi è cortese è brutta e chi è bella è villana!
Ahi! con mi dol vedere omo valente
star misagiato e povero d’avere,
e lo malvagio e vile esser manente,
4regnare a benenanza ed a piacere;
e donna pro corsese e canoscente
ch’è laida sì, che vive in dispiacere;
e quella ch’ha bieltà dolze e piagente,
8villana ed orgogliosa for savere.
Ma lo dolor di voi, donna, m’amorta,
ché bella e fella assai più ch’altra sete,
11e più di voi mi ten prode e dannaggio.
Oh, che mal aggia il die che voi fu porta
sì gran bieltà, ch’altrui ne confondete,
14tanto è duro e fellon vostro coraggio!