Pagina:Hoffmann - Racconti II, Milano, 1835.djvu/142

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Ma appena i vapori del punch salirono alla testa dello studente Anselmo, che tutte le immagini strane e meravigliose che gli erano comparse da poco tempo, ritornarono in folla ad alloggiarvisi. Egli vide l’archivista Lindhorst nella sua vesta da camera di damasco che brillava come il fosforo; egli vide l’appartamento azzurro colle palme d’oro: gli sembrò ch’egli non potesse fare a meno di credere a Serpentina; tutto fermentava, tutto bolliva nel suo interno. Veronica gli presentò un bicchiere di punch; prendendolo, egli toccò leggermente la sua mano. “Serpentina, Veronica!” sospirò egli sotto voce. Egli cadde come in un profondo sogno; ma il registratore Heerbrand gridò: “L’archivista Lindhorst è, e sarà sempre un vecchio molto singolare, e nel quale nessuno non comprenderà mai niente. Ma egli viva; alla sua salute, a voi, signor Anselmo!” Lo studente si svegliò ad un tratto dai suoi pensieri, mentre egli toccava il suo bicchiere contro quello del registratore Heerbrand, e gli disse: “Ciò deriva, stimabilissimo signor registratore, dall’essere il signor archivista