Pagina:Hoffmann - Racconti II, Milano, 1835.djvu/53

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un’altra patria; ma appena vi fu egli seduto, che tutte quelle immagini ch’egli avea contemplate altravolta con estasi celeste, e che un potere nemico avea cancellate dall’anima sua, si rappresentarono a lui sotto i colori più vivi, e come se le vedesse una seconda fiata. Egli fu anche più persuaso che mai che quei begli occhi azzurri non potevano appartenere che al piccolo serpente verde-dorato che si agitava tra i rami dell’albero, e che ad ogni movimento del suo corpo snodato faceva vibrare quei suoni cristallini che avevano portato in tutti i suoi sensi felicità e turbamento.

Come il giorno dell’Ascensione egli abbracciò il sambuco, e gridò tra i rami e tra le foglie: — Ahimè! — una sola volta ancora, slanciati, cullati, allacciati intorno ai rami, bel serpentello verde-dorato, che io possa contemplarti a mio bell’agio! Una sola volta ancora lascia cadere sopra di me uno sguardo dai tuoi occhi sì teneri! Io t’amo, ahimè! e dovrò morire nel mio dolore, se tu non ritorni più!” Fu invano, tutto restò muto e silenzioso, e, come la prima volta i fogliami del sambuco fecero soltanto in-