Pagina:Hoffmann - Racconti IV, Milano, 1835.djvu/146

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46— ìli'pietra. — È a te, diss’ egli, a tesola di’ io devo la mia felicità,«giacché senza 'di te io vivrei nella miseria, non avrei • > 9 # a a. f 9 salvalo il vecchio Doge,ne mi sarei guadagnata questa cara borsa di zecchini. Parla, di' pure,' che posso io mai fare per te?

" La ' ecchia; guardollo cou tenere/za.

Figlio mio, soggiunse, non ti rammenti quando ti trovavi di e-notte su questa piazza1,aspettando qualche forestieroe •Stentando per guadagnare un povero vitto?

Antonio sospirò profondamente, si sedè appo la vecchia, poi: Ah! mia cara madre , lo so pur troppo esser io nato da genitori che viveano nell abbondanza, ma ignoro del tutto e chi furono e come io li abbia lasciati. Mi rammento d’ un uomo di bell’ aspetto che mi portava nelle sue braccia j e colmava mi di carezze, come pure d’ una donna gentile che mi poneva ogni notte in uu bel letto molle molle e ben sprimacciato. Ambo parlavanmi in un linguaggio straniero del - quale avea ritenuto qualche accento. Quand’ era gondoliere , i compagni dicevanmi sempre che a'miei cocchi, a’miei capelli, alla mia taglia, era facile il capire la origine mia tedesca. Anch'io lo credo. La rimembranza più viva che rimasta mi sia dei ~