Pagina:Hoffmann - Racconti IV, Milano, 1835.djvu/147

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J47 * f giorni passati, è quella d’ üna notte, d’ una notte di terrore', nella quale iò fui scosso da uni sonno profondo. Nella casa un andare e venire, un correre, un affaccendarsi/ un aprirei e- chiudere porte; io tremava tutto, e1 mi posi a piangere. La feimnina che avea di'me cura, aft’ reltoisi, tolsemi dal letto mil serrò la bocca colle sue palme, m'inviluppò in un drappo, e via se ne fuggì:* Dà questo momento esiste nelle mie rimembrarne una lacuna, lo mi ritrovo in un magnifico palazzo nel mezzo d’ una amena contrada.-Veggo l’ immagine d un uomo, che io appellava padre, il cui portaménto era nobile e fiero. Parlava italiano, come tutte le persone della casa.

Eran trascorse molte e molte settimane che nonf avea visto il genitore, allor che una mano d’ uomini di brutta ciera entra nei palazzo e tutto pone a ruba e a sacco. Essi mi videro, e mi richiesero che

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là facessi. — Io,'io sono Antonio il figlio qui di casa, loro risposi.‘Si posero a ridere a gavazzare, mi spogliarono degli abiti sfarzosi e mi cacciarono, ‘ minacciandomi le percosse se mai comparissi in quel luogo, lo me ne fuggii piangendo. A cento passi di là m’ abbattei in uri vecchio, che riconobbi per uu servo • —