Pagina:Hoffmann - Racconti IV, Milano, 1835.djvu/148

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48 — del mio padre adottivo. — Vieni, Antonio, mio povero Antonio, diss’ egli prendendomi per mano. Quella casa ci è chiusa e per sempre, ci è forza cercar di che vivere. A queste parole il vecchio mi condusse via. Egli non era sì povero come sembravano manifestarlo i suoi cenci.

Appena giunti a Venezia lo "vidi levare dalla sua miserabile giubba di bei zecchini , onde fare il rigattiere su Rialto.

Io dovea sempre accompagnarlo, ed egli non facea mai una vendita senza chiedere una bagattella per suo figliolo. Io me la passava assai bene con quell’ uomo che chiamavano il padre Ëlaunas; ma non durò a lungo. Tu ti rammenti senza dubbiosi quell’ orribile terremoto che rovinò le torri ed i palazzi di Venezia, e che fè suonare le campane di San Mar»

co, come fossero state conquassate da mani di gigante; sette anni fa mi pare.

Io scampai per fortuna col vecchio dalla casa che abitavamo, e che crollò dietro

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a noi. Ogni faccenda era cessata, il più profondo silenzio regnava su Rialto, e per cumulo di mali, un soffio contagioso minacciava la città. Si sapea che la peste era stata recata da Levante in Sicilia , e che facea stragi inToscana. Pure 4 é — r49