Pagina:Hypnerotomachia Poliphili.djvu/441

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Et già il rubicondo Sole, et inberbe alle extreme parte di Hesperia, la futura serenitate indicando. Dal sacro oraculo le delicate et ingenue et promiscue donne, prehendereno discesso et commeato. Et ad gli solemni officii, et cerimoniale observantie (Non quale gli Aegyptii ad Iside et Osiri cum plangore. Né como gli barbari cum strepito Cymbalistario, et Tympanistario, et Choraulario. Ma como gli Graeci cum Choree cum melodi canti, et latii consecramini di virguncule, cum divotione, et cum summa alacritate gestite) feceron fine. Diqué dagli mei impasti ochii et vacilanti sensi, la sua eximia et non humana imagine separatose et seiugata, me ritrovai decocto et arso da vehemente amore, et crepitare quale Sale brusato. Et cum gli obstupefacti ochii dalle illustre bellece, et dala nitella, et geniale politura della sua scitula formula. Di chostì io ancora cum saepicule salutarla, et tra me dicendoli. Vale vale latroncula et foracicula di omni mio bene, et secretamente vale replicando crebicule, cum quel pauculo di core, che ella nel suo discesso in me restare permesse, sentendomi rapire et asportare seco l’anima mia, feci et io durissimamente et singultando discesso. Facto il suo lacteo et candicante pecto di me spolie alto Trophaeo et delitioso repositorio. Non per altra via Heu me cum gli ochii desiderosamente sequentila che lo amato Protesilao l’ardente Laodomia indolorata mirava il suo dispartire. Et più mischina non lo cernendo cadette sopra il litore moribonda, piangendo da mortale dolore il suo Protesilao frequente chiamando. Cusì io doloroso cum dulcissime lachrymule uberrimamente resultante quale pluvie guttule Polia chiamava, invocava, richiamava. O Ariadne isciagurata trovastite cusì desolata di omni sperancia, non vedendo il tuo perfido mentitore Theseo? Spargendo il suo nome, et inane, et vanamente vocando per gli vasti antri et cavate Rupe della deserta Dia vocantelo cassamente. Non altro agli ochii tui Sucidi obiectantise apparendo, che gli arrosi Scopuli, gli rigidi monti di Murice, gli silvatici arbusti di Prini, et gli asperrimi littori, gli curvamini delle ripe, dalle strumose unde et da irruenti flucti undirugi. Como hora me misero relicto dal mio ritrovato dilecto, dal mio unico bene, et efficacissimo rimedio in tanto lachrymabile angore et aspero tormento? Cum reaccendimento di più feroce amore? Et cusì honerata d’omni dolore? Et diciò sentome spasimare. Perché il leviamento delle mie angustie singularmente mirantila sentiva. Non mi suado dunque che tu, o Ione sfortunata nel tuo chiaro patre Inacho, cusì afflicta te vedesti cum la mutata forma, et cum le già flave trecce facte nocevole et rigide corni. Et la humana voce tonante mugiare. Et gli viridenti prati divenuti inusitato