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Pagina:I Cairoli delle Marche - La famiglia Cattabeni.djvu/52

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Al nostro arrivo il gruppo dei Dottori Militari si appressò al Colonnello Cattabeni.

Uno di loro scoprì e scandagliò la ferita del ventre. Ad ogni sguardo scambiato, ad ogni parola sommessamente mormorata mi aspettavo il fatale annuncio.

Il Colonnello richiesto un sigaro al Generale Negri l’accese, e con quell’atteggiamento disinvolto, che suol essere in tutti i prodi naturale, stendendo ai Dottori la mano, dimandò pacato quanto altro tempo gli restava di vita. Tralucendo dalla maestosa sembianza sua non so che di sorprendente e di grande, coloro che gli stavano attorno attratti dai modi suoi e da tacita propensione di genio e di doverosa stima lo riguardavano con ammiraziome.

Il Chirurgo maggiore sentenziò, che, se un’ora dopo si fosse manifestato indizio di vomito, non fosse da sperarsi salvezza; quando nò, potesse considerarsi superato il maggiore pericolo.

Trasporto dei feriti garibaldini a Capua.


La prima spedizione all’ospitale di Capua fu quella dei feriti garibaldini, quale prima dimostrazione di cortese sentimento. Il carro che doveva trasportarci era già pronto. Dopo il Colonnello Cattabeni vi salì lo Zaoli, il Fabbrini e gli altri più gravemente feriti e come lo vidi al completo, mi vi arrampicai, sorreggendomi ritto in piedi alla coda, insino a Capua; e scortati da numeroso picchetto di cavalleria tosto movemmo.

Il sole era già declinato al tramonto, sicché, la parte rischiarata mandava temperata luce. In quella quiete serale sentivo mano mano ritornare in me la soave placidezza di quella cara pace, nella quale sì gran dolcezza si trova; e la tiepidezza stessa dell’aria recava pure ristoro, con lo smorzare le tumultuose agitazioni, i turbamenti del cuore, la fiamma degli eccitamenti, che in tutto quel giorno di fuoco avevano con l’arsura divorato le membra.

Lungo la via misurata dalla lenta andatura del carro, e dal calpestio della Cavalleria, tornando con la mente ai grandi fatti della giornata, e fra i tanti pensieri, affacciandosi pur quello dei miei cari lontani e trepidanti della sorte mia, mi rallegrai di avere in mezzo a così fiero turbine di sangue e di morte, miracolosamende scampato la vita; e volgendomi indietro a rimirare per l’ultima volta le alture della sventurata Caiazzo vidi il fumo e le fiamme dell’incendio distruggitore.

Oh! avessi potuto volare con le ali del desiderio a mia madre per apparirle vivente, prima che le funeste notizie del grave disastro