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Matteo Negri cercò sul campo la morte, non volendo transigere con le circostanze, che lo ponevano nella dura alternativa o di tradire il Sovrano, o di combattere contro l’unità della patria.

In così grande rovescio e precipitoso travolgimento del trono Borbonico, nomi, fame, riputazioni, perfidie e virtù, tutto restò affastellato, confuso e macchiato dello stesso sfregio. Fu sventura, che per la creazione dell’Italia, i fratelli dovessero combattere contro i fratelli.

Sono già trascorsi trentaquattro anni dal giorno che il Matteo Negri al lampo dei nuovi destini d’Italia, non sapendo per troppa nobiltà d’animo volgere le spalle a chi tramontava, e disertarlo nella sventura, fu per una serie sventurata di fatti condotto a perdere la vita, e morire eroicamente come aveva vissuto — e sincero argomento di gratitudine, di benevolenza secondo l’affetto, di stima dovuta al merito, sia il ricordo che di lui serberò ogni ora fresco e vigoroso.

Cagliari, anno 1894.


III.


Lettera del maggiore Vincenzo Cattabeni al
padre dopo Aspromonte.


A bordo del Duca di Genova 31 agosto 1862,


Garibaldi è ferito all’anca sinistra da una palla che strisciando ha lacerato la carne leggermente. L’altra ferita è alquanto più grave e profonda alla noce del piede destro. Sembra che fortunatamente non abbia fratturate, ma soltanto scalfite le ossa, e ciò per un movimento rotatorio della palla nella parte superiore del collo del piede.

Le docciature di acqua fredda che io stesso nelle prime ore gli feci senza interruzione agirono efficacemente; e ciò mi è prova come ti dicevo che non vi debba essere frattura. Malgrado però una incisione la palla non si è potuta estrarre.

Quando il generale ricevè il colpo fatale, egli passava sul nostro fronte di difesa fuori della prima linea, situata sul rovescio d’una ondulazione di terreno in forma di collinetta, appoggiata ad un bosco di abeti, ed era" là ordinando di non fare fuoco.

Vidi come una contrazione leggera in tutto il suo corpo. Fece ancora due o tre passi poi cominciò a piegare. Accorremmo, e reggendolo lo deponemmo all’orlo del bosco.

Da quel momento descriverti quello che si passò di sublime in quel luogo sarebbe impossibile.