Pagina:I Malavoglia.djvu/198

Da Wikisource.

— 188 —

tuzza, metteva buone parole e cercava di rappattumarli, che nessuno ci capiva più nulla. Ma era tempo perso. — Non vedete che voga al largo e non si fa più vedere? — esclamava la Santuzza. — Questo è segno che la cosa è vera com’è vero Iddio! No! non voglio sentirne parlar più, dovessi chiuder l’osteria, e mettermi a far calzetta!

Massaro Filippo allora si faceva la bocca amara dalla collera, e andava a pregare don Michele come un santo, nel posto delle guardie, o nella bottega di Pizzuto, perchè la finisse quella lite con la Santuzza, dopo che erano stati amici! ed ora avrebbero fatto chiacchierare la gente, — e lo abbracciava e lo tirava per la manica. Ma don Michele appuntava i piedi in terra come un mulo, e diceva di no. E chi era là presente, a godersi la scena, osservava che massaro Filippo faceva una bella figura com’è vero Dio! — Massaro Filippo ha bisogno d’aiuto, — diceva Pizzuto. — Non lo vedete? Quella Santuzza si mangerebbe anche il Crocifisso!

La Santuzza allora un bel giorno si mise la mantellina e andò a confessarsi, sebbene fosse lunedì, e l’osteria fosse piena di gente. La Santuzza andava a confessarsi ogni domenica, e ci stava un’ora col naso alla graticola del confessionario, a risciacquarsi la coscienza, che amava tenerla pulita meglio dei suoi bicchieri. Ma quella volta donna Rosolina, che era gelosa di suo fratello il vicario, e si confessava spesso anche lei per tenerci gli occhi addosso, restò colla bocca aperta, là dov’era ad aspettare ginocchioni, che la Santuzza ci avesse tanta roba nello stomaco,