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fosse sua moglie alla finestra di sopra. — Eh! la chiesa e la caserma! Il trono e l’altare! sempre la stessa storia, ve lo dico io!

Egli non aveva paura della sciabola e dell’aspersorio; e se ne infischiava di don Michele, tanto che gli leggeva le corna quando la Signora non era alla finestra, e non poteva udire quello che si diceva nella spezieria; ma donna Rosolina diede una buona lavata di capo a suo fratello, appena venne a sapere che si era messo in quel pasticcio, perchè quelli della sciabola bisogna tenerseli amici.

— Amici un corno! — rispondeva don Giammaria. — Con quelli che ci hanno levato il pan di bocca? Io ho fatto il debito mio. Io non ho bisogno di loro! Son loro piuttosto che hanno bisogno di noialtri.

— Almeno dovreste dire che vi ci ha mandato la Santuzza, sotto sigillo di confessione; — sosteneva donna Rosolina; — così non l’acchiappereste voi l’inimicizia.

Però in aria misteriosa andava ripetendo che era una cosa sotto sigillo di confessione, a tutte le comari e i vicini che venivano a ronzarle attorno per sapere come s’era venuto a scoprire quell’imbroglio. Piedipapera, dacchè aveva sentito dire a don Silvestro che voleva far cadere la Barbara coi suoi piedi, come una pera matura, andava sussurrando: — Questa è tutta manovra di don Silvestro, che vuol far cadere la Zuppidda coi suoi piedi.

E tanto lo disse che arrivò all’orecchio di donna Rosolina, mentre cuoceva la conserva dei pomidoro, colle maniche rimboccate, e si sbracciava a difender