Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/330

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I Nibelunghi 259

160Ebbe Sifrido in pria, l’uom che m’è caro,
Nè fu già il mio fratei ch’ebbesi primo
La tua verginità. Dove n’andaro
I superbi tuoi sensi? E fu davvero
Un mal giuoco quel tuo! Come soffristi,
165Poi ch’è vassallo a te, che l’amor tuo
Sifrido avesse? — E aggiunse: Io però intendo
Che senza ogni ragion di ciò ti lagni.1
     Davver! Brünhilde rispondea, che questo
A Gunthèr io dirò! — Deh! che men cale?
170La tua superbia t’ingannò; tentasti
Di trarmi a te servir con tue parole,
E ciò mi fia, veracemente il sappi,
Sempiterno dolor. Non più inchinevole
Ad amarti son io, nè a darti fede.
     180Pianse Brünhilde allor, nè s’indugiava
Là Kriemhilde più a lungo. Ella, dinanzi
Alla donna regal, con le sue ancelle
Al monastero entrò. Deh! che levossi

  1. Dell’essere stata chiamata concubina.