Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu/296

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I Nibelunghi 655

Così parlò! D’uopo è giacer qui morti!
Che giovò mai saluto che ci fea
205Ètzel regnante? Per l’intenso ardore
Sì gran doglia mi fa la sete grave,
Ch’io già mi credo fuggir debba omai,
In tanto affanno, la mia dolce vita!
     Hàgene disse di Tronèga allora:
210Nobili e buoni cavalieri, quale
È da sete costretto, il sangue beva
Qui, chè davvero, in tanto ardor, gli è il sangue
Migliore anche del vino, e in questo tempo
Cosa migliore non sarìa per noi.
     215Ed uno allor de’ cavalieri andava
Là ’ve un morto rinvenne. Inginocchiossi
Là da presso alle piaghe ed a l’estinto
L’elmo disciolse, ed a succhiar quel sangue
Che scorrea cominciò. Ben che inusata
220Cosa fosse cotesta, alto conforto
Allora gli sembrò. Dio vi compensi,
Hàgen signor, l’uom disse affaticato,
Ch’io bevvi qui, per tanto vostro avviso,